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XXVII.

A DON ARCANGELO GIUSTI.


Se dal facile arringo a molti aperto,
     Ove colpa è virtù, vanto la frode,
     Solingo meni i dì, scevro da lode
     4E da biasmo vulgar, ti fia gran merto.

Fu in altri tempi men reo calle offerto
     All’avito valor, se il ver se n’ode;
     Non chi vuol, oggi chi disvuole è prode,
     8Nè più rimane intemerato un serto.

Romor di fama che bugiardo suona
     Lascia a’ grami intelletti, e tu cammina
     11Sopra lor vanità che par persona.

E, poi che al peggio il secolo declina,
     Con altri poco e assai teco ragiona,
     14Anima disdegnosa e pellegrina.