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XXIII.


E tu pur, o di guai sazio e di pianto,
     Anno funesto, al tuo nulla ritorni!
     Addietro guardo, e de’ passati giorni
     4Non trovo omai che la memoria e il canto.

Ma tu, raggio d’amor, bello fra quanto
     Veggon quest’occhi miei, meco soggiorni,
     E di lusinghe l’avvenir m’adorni,
     8Si ch’io risorgo avvalorato alquanto.

E per la sconosciuta erta salita
     M’invio dicendo: il mio fido conforto
     11Non m’è sempre da lato, e non m’aita?

Oh! se il cammin da tal astro in’è scorto,
     Di che paventa la dubbia mia vita?
     14Dovunque è il caro lume, ivi è il mio porto.