Pagina:Prose e poesie (Carrer).djvu/97


89

gerli col tirso, e di cantare le loro allegre canzoni, gli rendono infermi del corpo, e d’animo basso oltre ogni dire. Di questi poveri Orfei credo che se ne vegga al nostro tempo in maggior copia che non nel passato. Hanno perduto Euridice, e sono tutto dì loro sopra le Baccanti col tirso alzato. Di nessuna cosa confortano la propria malinconia, e quanto veggono i loro occhi è tormento all’anima loro. Eppure non è ad ogni primavera che la campagna ritorna in fiore? Non è ad ogni mattina che l’usignuolo si fa udire dalle siepi? Su, animo; in via. Non signori: camminano volentieri per l’ombre de’ cimiterii, e si fanno compagni al riformatore di Wurtemberga nell’invidiare ai morti il loro letto di polve. Ma furono pur uomini che edificarono le magnifiche moli, davanti le quali vi conducete ad inspirarvi di tristezza e di disperazione. Uomini d’altro tempo, rispondono; e tornano a giacere. Oh! cessi una volta questo inutile razzolare tra le reliquie del passato; alziamo gli occhi all’avvenire. Vuolsi venerare il passato, e trarne lezioni di prudenza; ma vivere solo d’esso, e per esso? È follia. Fuori, fuori dai putrefatti carcami, o generazione d’insetti, che brulichi, e fai ronzío! Dallo squallido verme dee sorgere la celeste farfalla. Infervoratevi a porgere esempi di nobili e virtuosi costumi, anzichè logorarvi nelle querele. Tenetevi a mano Euridice, e camminate a dilungo; se no, non lagnatevi di Plutone ma di voi stessi.