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quanto ascoltano credono non altro essere che indovinelli? Date retta al discorso di Gervasio. Eh! gli anni mi fanno star sull’avviso: ho imparato a tenermi in guardia dalle mariuolerie dei miei simili. — Ma, caro Gervasio, per vera che sia la perfidia pressochè universale degli uomini, datevi pace che nelle parole di Andreuccio non c’è menzogna. — Eh! guai a chi vuol pigliarsi le parole degli uomini per quello che suonano: altro in bocca, altro in cuore; e quello tra gli uomini è più saggio che ha imparato di più a diffidare.
Posta questa leggiadra teorica, io non potrò più dire: oggi fa minor caldo che ieri. Gervasio mi pianta un paio d’occhi addosso, e mentre io lo credo occupato del confronto fra il caldo presente e quello del giorno innanzi, per secondare o contraddire la mia proposizione, egli sta specolando nel moto delle mie labbra, nel girar dei miei sguardi più o meno sollecito, in tutta la mia fisonomia, che cosa ci covi sotto quel discorso del caldo di ieri e di quello di oggi. E quando mi aspetto un bel sì, o un bel no per risposta, ne ho al più un sorrisetto che significa: padron mio bello vi ho indovinato; altro che caldo! Mi stringo nelle spalle, e non posso a meno di deplorare la condizione del mio povero Edipo, che si lambicca il cervello per aver convertita tutta la razza umana in razza di Sfingi, quando ne bastava una sola a far la rovina di tutto un paese.