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però che a chicchessia, per quello almeno se ne sappia finora, fosse trovato il cadavere. Ora questa storiella, o veramente favola, se piace meglio, sarà materia ad alcune considerazioni circa il costume di molti che ci accade scontrare assai di frequente per questo mondo.
Io non amo punto le Sfingi, ossia non mi sento di avere alcuna simpatia per quei cotali che hanno sempre bisogno d’essere indovinati. E dico sempre, perchè ci hanno de’ casi nei quali non sa nemmeno piacermi quella sfrontatezza, onde taluno mette in mostra, senza diversità di persone, le proprie opinioni e i proprii affetti. Ci hanno certi enigmi del pudore che vagliono un tesoro; e ciò, se non m’inganno, sono le avvenenti sembianze di giovanetta che aveva la Sfinge, mentre le parti mostruose, nelle quali andava a riuscire il corpo di lei, sono appunto gli enigmi fuor di proposito, i quali ho detto a principio non essermi per nulla geniali. Domandate a taluno di cotestoro, i cui pensieri tengono la coda della Sfinge, gli avvenimenti più ovvii della lor vita: voi gli vedrete subitamente rannuvolarsi e mandarvi all’orecchio una risposta avviluppata di quelle nuvole onde vestivansi gli dei dell’Iliade per cansare lo scontro dell’asta mortale usa a far piaga negli stessi felici abitatori d’Olimpo.
Bruttissimo naturale a dir vero! Ma che penseremo di quegli Edipi, che in quanti si abbattono credono di aver a che fare colla Sfinge, e