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lei i ringraziamenti dell’averla fatta tanto bellissima. Direte voi forse che l’artefice avesse indi a poco a desiderare, che la vivente creatura tornasse persona di marmo? Questa sarebbe soverchia malignità. Vero è per altro, pur troppo! che non rade volte più giova essere ammirati che amati, e mentre sono frequenti gli esempi di amori estinti, o per lo meno sopiti dall’ambizione, mai, o forse mai, incontrerete ambizioni che abbiano saputo tacere a fronte dell’amore. Questa però è controversia che non fa al caso. Torniamo più propriamente a Pigmalione.

Pigmalione implorò adunque dagli Dei, che il marmo da esso condotto all’ultimo grado di rassomiglianza, ottenesse tal soffio animatore da cui fosse reso conscio della propria esistenza, e sensibile alle impressioni esteriori. Qui Pigmalione perorò contro l’arte propria, dacchè una rassomiglianza tanto perfetta della realtà aveva in sè maggior pregio della realtà medesima, intendiamo sempre non per l’oggetto considerato in sè stesso, ma per le sue relazioni colla valentia dell’artista. Non potrebbe derivarsi da ciò, che quando l’imitazione sia condotta a segno da generare illusione perfetta, le intenzioni dell’arte rimangono tradite, essendochè le commozioni cagionate dall’oggetto imitato debbano essere altre da quelle che in noi cagionano gli aspetti naturali delle cose? Veggano i sottili indagatori delle riposte allegorie degli antichi fino a qual punto debba credersi giusta questa supposizio-