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censure individuali al lavoro e all’artista, o copertamente e per modo indiretto, lodando sempre quel meglio cui non è dato di conseguire ai nostri intelletti limitatissimi, e non contando per nulla quel bene, che quand’anche sia poco, è benanche da pochi raggiunto e non senza grave fatica.

Ma diranno forse taluni: tener l’occhio a quel di meglio che avervi può in ogni cosa, non è egli sentimento desiderabile così nella pratica della morale, come nell’esercizio dell’arti? Rispondo, che chi questo negasse, negherebbe il fondamento alle azioni più nobili e luminose; toglierebbe all’uomo e all’artista lo sprone più efficace a procedere sempre più innanzi nel bene; e mostrerebbe di aver tanto corto l’ingegno quanto l’animo abbietto. Il detto di Cesare nella capanna dell’alpigiano: piuttosto qui primo, che in Roma, secondo; è detto, che tutta compendiava in poche parole la vastità di quell’anima assetata di gloria e d’impero. Non può ascoltarlo senza terrore chi pensi, come quel detto fosse quasi preludio a spronar oltre il cavallo, giunto alle rive del Rubicone, e a far che le spade de’ suoi soldati s’insanguinassero nei petti fraterni; ma riferito in generale a quella voce interiore onde si sente ogni uomo chiamato a tentare piuttosto questa che quest’altra strada, contiene in sè un’importante lezione, alla quale è desiderabile che gli uomini si avvezzino a conformarsi, qualunque sia la carriera in cui si tro-