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parliamo per condizione delle sue nozze, che quegli il quale avesse voluto esserle sposo fosse corridore tanto valente da rimanerne vinta essa medesima, di cui parlava la fama come della più abile in quella prova. Che se ne diceva da tutti all’udire di questa condizione? Che la giovane non avesse voglia alcuna di maritarsi, dacchè tanto era il porre quel patto, quanto il dire che uomo alcuno non vi sarebbe stato sopra la terra che avesse saputo ottenerla in consorte. Eppure un Ippomene giovinetto si fece innanzi, dichiarandosi pronto a tentare il difficile esperimento. L’amore è per lo più coraggioso, ma non manca, quando occorre, d’astuzia; per cui avvisandosi Ippomene di non poter forse avanzare di gambe Atalanta, si studiò guadagnarla coll’usar dell’ingegno. Ed ecco che, venuto il giorno della prova, quando la corsa incominciava ad incalorire, e Atalanta precorreva al suo chieditore di molti e molti passi, si lascia egli sdrucciolare di mano un bel pomo d’oro, che dando nell’occhio alla giovane è cagione ch’ella si arresti a raccoglierlo, e perda il vantaggio che si aveva guadagnato. Tanta era in essa però l’agilità e la prestezza che in poco d’ora le parti di perdente e di vincitore furono di nuovo cambiate, e dall’astuzia del pomo nessun profitto n’era venuto al giovine pel conseguimento della vittoria. Ma che? Eccoti un secondo pomo che sdrucciola; e Atalanta che di nuovo interrompe la corsa. Ma nè anche questa volta il trionfo di