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capo dei loro divisamenti, non badano punto di trarre nella loro rovina quanti possono avervi, che, creduli alle loro fallacie, si avvisano poter valicare il mare sicuri coll’ali di cera che loro sono imposte alle spalle. Che importa che dopo piangano la loro crudele inconsideratezza, e si mettano a incidere sulle porte del tempio la lugubre storia del domestico affanno, cadendo loro di mano lo scalpello, quando sono in sul meglio dell’opera! Ciò tiene alcun poco di quello che dicesi comunemente lagrime di coccodrillo. Non sono per altro del tutto da condannare, se una folla di contemporanei poco avveduti, e diremo ancora poco onesti, e una folla non minore di posteri, contenta di riposarsi sopra il giudizio dei contemporanei, maledice furiosamente all’inobbedienza degl’Icari, senza punto badare alla vergognosa presunzione dei Dedali.

Quanto a me, torno a ripeterlo, non sarò mai nemico di chi, indotto a volare, aspira a levarsi quanto più può presso il sole, finchè almeno non mi si mostri che l’ali siano fatte per radere il suolo, come fanno gli augelli nel verno, quando la neve ha imbiancato le più alte cime a cui erano soliti di riparare. Quand’anche ci manchino l’ali, noi sentiamo questa forza, che ci porta alti coi desiderii, non potendo coll’opere; e i Dedali che non sono stolti e crudeli, o ci somministrino ali impastate d’altra miglior materia, che non è la fusile cera, o ci lascino in pace nel labirinto.