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nel suo nobile volo chi ora vi sta semivivo davanti; e la timidità vostra a non guardare nemmeno laddove altri osava di sollevarsi con tutto il carico della propria mortalità, non vi sia cagione a schiamazzare con tanta inverecondia perchè le forze non furono eguali al desiderio. Ma parlo ai sordi. Eppure ci hanno alcune cadute che sono preferibili ad alcuni elevamenti! Non è questo per altro che io voglia precipuamente inculcare: troppo si domanda al generale degli uomini, domandando loro di aver riguardo alle intenzioni anzichè agli effetti.

Ma sarà un ripromettersi troppo dalla loro giustizia il richiedere che esaminino con qualche attenzione da qual parte stia la colpa, e chi sia l’Icaro, chi il Dedalo, per compatire a quel primo e condannare il secondo giusta i suoi meriti? O Dedali, Dedali, quanti siete a questo mondo! E quanti sono pure quegl’Icari infelici che ricevono da voi le ali impastate di cera che al primo percuotere de’ raggi solari si liquefà e cessa di tenere congiunte le penne! Avete un bel dire come l’imprudente artefice antico: figliuolo mio, ti conviene startene sull’avviso, dacchè a ogni poco che tu ti accosti soverchio al calore del sole l’artifizio di queste mie ali tornerà tosto in nulla, e tu ne dovrai di necessità morire annegato o accoppato. Figliuolo mio, tieni sempre l’occhio al mio volo, e non scostarti punto da esso, dacchè ogni minima divergenza può costarti la morte. Queste e molte altre saviissime