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che, senza badarvi più che tanto, gli ho dato colla mia goffa interpretazione. Ecco, o lettori, altra meschinità di quelle menti giovanili! Pensare che prima di dar giudizio di un’opera egli si abbia ad esaminare attentamente qual si fosse per avventura l’intenzione di chi l’ha prodotta, senza contentarsi di quel tanto che ne balza all’occhio a prima giunta. Non è egli questo, oltre che condannare il nostro intelletto ad una sconcia fatica, quando il faticare dev’esser tutto per chi si mette componendo ai servigi del pubblico, un chiudere la via a quei tanti bei motti, a quelle amabili parodie, alle satire amene, alle graziose calunnie, con cui si tiene allegra la brigata, che cascherebbe di sonno quando fosse condannata a pensare, e a specolare il vero anche nell’opere d’imitazione che sono fatte per divertirla?

Dopo aver alquanto pensato, così disse quello dei nostri due giovani ch’era stato interrogato dal compagno circa il suo parere. Io so che i pittori alcuna volta nelle loro invenzioni si dilettano di porre non so quale ingegnosa malizia, che non apparisce così di lancio, ma solo dopo un qualche esame. Mi cade in mente che la storia di que’ Coribanti che strepitano intorno al bambino, affinchè non se ne ascolti il vagito, abbia ad essere una critica allusione a que’ compositori di musica, dacchè questo teatro è specialmente destinato alla musica, i quali studiansi di occultare la povertà delle cantilene col rim-