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rumore intorno alla culla di Giove, tanto che Saturno non ne ascolti i vagiti, e non gli venga voglia di mettersi il bambino fra i denti. Senza più i Coribanti, l’altro rispose. Non vedi là in alto il vecchio Saturno, che ha un sasso fasciato, sulle ginocchia, per cavarsi la fame al bisogno? — Veggo, sì, alcun che di figurato là in alto, ma non lo discerno, perchè la mia vista, ad onta degli occhiali che m’inforcano il naso, non va tant’oltre.
Che nuovo capriccio fu quello del pittore di mettere quella favola sopra un sipario? — Così uno dei due, al quale l’uso del mondo non aveva ancora insegnato che si possono, specialmente nel teatro, violare allegramente certe regole di acconcezza, cui i professori si fanno rauchi inculcando dalle loro cattedre. Indi, scotendo alcun poco la testa, soggiunse assai buonamente: forse per essere teatro destinato ai drammi per musica ha così fatto il pittore. — Poh! riprese l’altro, poteva dipingervi a questo stesso modo ogni altra cosa, e ne sarebbe stato detto egualmente balordo. Pensiamo un poco se ci fosse qualche altra buona ragione, dacchè è presumibile che l’artista, prima di venire al lavoro, abbia ancor esso pensato alla convenienza della sua invenzione, nè più nè meno di noi, che qui sediamo a proferirne sentenza. — Vedi pure se la tua mente nulla ti suggerisce di opportuno a spiegare il senso di quel dipinto in guisa che faccia onore all’artista, e lo liberi dalla taccia