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riva; ed io l’ho veduta, momenti sono, che si è fatta capo ad un altro drappelletto composto di due f, un l, un i, un z, con tutto il resto bisognevole a formare afflizione. Hanno un bel aspettare quell’altre lettere, un bel tormentarsi a zufolare st, st... l’a non si trova, non può spiccarsi dall’afflizione, e l’onestà resta mozza. Molte volte si cercano in cambio lettere che non fanno l’effetto, sebbene ne abbiano l’apparenza. In quel canto, per esempio, dopo un molto aspettare l’a necessaria per comporre probità, si contentarono di un a che aveva perduto l’accento nell’uscire dalla porticella di una casupola ov’era slata a fare elemosina. Gl’idioti vedendo unite quelle persone leggono probità, ma chi ha un po’ di giudizio, se ne guarda, e passa oltre dicendo: vi manca l’accento. Accade lo stesso delle parole a cui occorrono lettere addoppiate: pensi che là in quel crocchio ci sia allegria, allo schiamazzo delle risa che ascolti. Compita un po’ quelle lettere, è un’allegrezza falsa, da illudere i balordi; ci manca la seconda l, che andò non ha guari a comporre lealtà e ora che parliamo chi sa ove trovasi! Da quell’alegria puoi cavarne egri, agri, ria che hanno perfettissimo suono, e non abbisognano della doppia l.

Ma, e quelli che camminano soli? interruppi l’amico. Domandano uno studio particolare, mi rispose; e finchè non si veggono uniti ad altre lettere, ossia finché non si considerano nelle va-