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no qualche cosa anche sole. Per esempio la S si fa cavare il cappello da tutti i divoti, la C ed altre tali sono ragguardevoli nell’araldica. La H ebbe il suo tempo di sommo lustro, e non so come allora corresse il proverbio: il tale o la tal cosa non vale un’acca. Ma dove lascio la N, l’amica dei giornalisti, e di tutte le oneste persone che vogliono far del bene al prossimo senza che si sappia nulla de’ fatti loro? Per lo più tutte queste lettere raddoppiate acquistano sempre maggior importanza, tranne per altro la F, a cui è meglio lo starsene sola e non significar nulla, che raddoppiata esprimere chi è l’ombra e fa le veci di un altro.

Mi dirai che tutto questo non è compitare; è verissimo, ma prima d’iniziarti negli alti arcani della mia scienza mi era necessario fartene conoscere gli elementi. Ora sappi che tutte queste persone, unendosi fra loro, ti danno gli accidenti tutti della vita, appunto come dalle lettere ti si danno le parole onde sono rappresentati quegli accidenti. Ed ecco dove io ci trovo un piacere incredibile. Vedi là tutte quelle lettere, che si muovono, che si rimescolano per formare una qualche parola? Ma facciano pure quanto più sanno, non ne potrà mai uscire che certa specie di parole e non altra. Vedi, vedi un o, un n, un e, un s, un t, uniti insieme, che si corsero un dietro l’altro per formare onestà: peccato! manca l’a finale. E corrono su e giù senza posa, ma quella benedetta a non ar-