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parlare? Ed io stesso, che ho pure mirato con questo articolo a dirvi qualche cosa, non ho forse fatto altro che parlare senza dir nulla!


ALFABETO MORALE.


Che fai, Teodoro, lì ritto, guardando fissamente chi passa? — Cómpito, mi rispose Teodoro. — Dove? soggiunsi io, non vedendo che vi fosse nessuna antica iscrizione nei muri, o sopra il lastricato della piazza. Eravamo appunto in piazza. Fosse notte, ripresi, direi che stai compitando le stelle. — Compito le persone che passeggiano. — Oh bella! Che sì, che le persone sono lettere dell’alfabeto?

Teodoro mostrò di volere entrare in un discorso lunghetto, ed io mi posi ad udire. Non era la prima volta che uscissero da lui di siffatti capricci. Sì, mio caro, fa tuo conto che ogni uomo rappresenti una lettera dell’alfabeto. Ce ne sono delle vocali e delle consonanti, ossia di quelle che fanno suono da sè, e di quelle che hanno bisogno di essere accompagnate. Vedi que’ due a lato il campanile? Il più alto è consonante, che da sè non può essere pronunziato, accoppiato a quello con cui parla, disposto sempre ad assentirgli, ne viene fuori do, fo, so, vo, e ogni altro atto di volontà e di potere. Delle consonanti sai bene che ce ne sono delle aspre, delle liquide, delle mute e fino anche delle impure; le differenze medesime