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IV. PSICHE.

Psiche? La volete miracolo dello scalpello di Canova? O vi piace cercarla nelle camere di ospitale e doviziosa famiglia, dipinta dal primario de’ moderni frescanti? O nei versi più eleganti che componesse in tutta sua vita Lodovico Savioli, poeta elegantissimo? Ella è pur sempre quell’infelice, cui, per aver dato ascolto al maligno consiglio delle sorelle invidiose, toccò di vedersi fuggire dagli amplessi lo sposo e volarne lontano, fin dove l’ali dotate d’infaticabile lena lo avessero saputo portare. Da questa Psiche, presa a simbolo dell’anima umana, mille allegorie dotte e leggiadre si vollero derivare e dalla storia de’ suoi miseri casi; ed io pure vorrei trarne alcuna moralità, secondo ho costumato dì fare con altre mitologiche novellette.

Non vi parrebbe, lettori miei, si avesse a prendere per emblema di chi suol rendere ragione a sè stesso della propria felicità? Vedete, la felicità possibile ad essere conseguita dagli uomini è sempre mistero. Possiamo goderne come Psiche delle nozze di Amore; ma è da cercare che la lucerna onde potrebbero essere rischiarate le nostre gioie sia spenta. Chi volesse mirare in faccia gli oggetti onde gli viene allegrezza, potrebbe correre rischio di vederseli subitamente fuggire dinnanzi senza più speranza di ri-