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terra nella lor fuga. E addio, addio! chè il sole è omai presso a levare, e forse che il mio volto rischiarato a quel lume ti facesse paura, e tu fuggissi da me sbigottito, tu che hai potuto essermi sì benigno tra l’incerto crepuscolo.
Ircano impietosito voleva qui domandare: — Ma qual fu mai sì gran colpa — ?... E il viandante: Or ecco, ecco, anche tu vuoi farti simile agli altri, e ti piace a frugare nelle mie piaghe. Addio! Addio! Non mi vedrai più in tutta tua vita, benchè io viaggi sempre da oriente a occidente, verno e state, come fossero una sola stagione. Tu hai veduto il più colpevole e il più misero de’ viventi che furono, sono e saranno sopra la terra. E ogni volta che tu guarderai a quel tronco di sicomoro, ove rimase l’impronta infocata della mia mano, ricordati di me delinquente e infelice. La misericordia che usasti a me rigettato da tutti gli uomini, anzichè esserti ascritta a delitto, ti sarà ritornata a molti doppii: come a molti doppii sarà gastigato colui che macchinasse la mia rovina o faticasse per la mia morte.
Il viandante si girò senza più, e il sole sorgendo gli batteva le spalle. Ircano si ricondusse tutto malinconico alla capanna, e vide, passando da lato ai cespi d’isopo, esser tutte bruciate quell’erbe ove il viandante erasi la notte adagiato.