Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
285 |
— Sì, ciascuno ha le sue.
— A rivederci domani, e forse che possa narrarti qualche cosa di più particolare sul proposito della mia zingana.
— Che zingana? borbottò malamente Alfonso.
— Ella era mascherata da zingana.
— Ti avrà cantata la tua buona ventura: me ne rallegro. A domani.
Ciò detto si congedarono.
La notte si faceva più che mai alta e tenebrosa, quando Filippo si condusse al luogo assegnato, mezzo miglio fuori della città. Quivi giunto, trovò a riva un barchetto, con sulla poppa un uomo, che al nominare Leonardo gli fece segno d’entrare. Avevano appena lasciato la riva, e Filippo ponevasi in silenzio a considerare la propria situazione, quando un gemito, come di moribondo, si fe udire indi a poca distanza. Che è questo? disse Filippo. Rispose dalla poppa Leonardo un cotal suono inarticolato, quasi dicesse: Che ne so io? Che ne posso sapere? E continuò remando di tutta lena. Filippo attese anco un istante a quella parte, e non gli fu udito più cosa alcuna. Giunsero rimpetto le finestre, e Filippo diventò tutto occhi ed orecchi. Avrebbe voluto interrogare Leonardo, ma non seppe trovarci modo. Finalmente un lontano barlume colorò lievemente le invetriate; la barca diede una scossa che poco più ci voleva a capovolgerla. Filippo fu per rimproverare il poco abile battelliero, ma pensò di esse-