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tori, sono certo, mi fa di buona fede una simile interrogazione. Prima ancora di Reginaldario, o per lo meno ad un tempo con esso, vi siete tutti accorti che fra le ballerine ve ne aveva una che arieggiava la sconosciuta. Era dessa? Che nuovi sentimenti provava il cuore di Reginaldario a questo secondo incontro? Colà, silenzio, ombra, pietoso raccoglimento; qui musica, illuminazione, allegria. E il velo del mistero? Oh come spiccano su quelle chiome nerissime le rosee ghirlande! Come insidiosamente risultano negli alterni moti le membra eleganti! Reginaldario desidera egli più quella solitudine, quel mistero? La visione si è dileguata, o, a meglio dire, il sogno si è avverato. La celeste apparenza ha lasciato le nubi e tocca la terra; ma non la preme che coll’estrema punta de’ piedi, nè più nè meno di quello che accade ballando. A principio i rivolgimenti della danza sembravangli troppo rapidi; ora che ha fermo un punto, accusa la musica d’intollerabil lentezza, vorrebbe pur conoscere qualcheduno in quella tanta moltitudine, ma qualcheduno cui poter interrogare confidentemente. Dacchè ha lasciato il regno degli angeli gli conviene parlare cogli uomini. E poi? Conosce la propria specie, ne ha fatto esperimento; questa volta la perfidia nol coglierà inavvertito. Si pone al labbro una tazza in cui sa di dover tosto o tardi trovarci l’amaro. Non è più il fanciullo che dal mele degli orli è reso incredulo alla feccia del fondo.