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Dal lato opposto? Perchè non seguirla, carpirle uno sguardo, offrirle l’acqua benedetta, e, se non più, ritrarne novelle sulla via da essa tenuta per condursi alla propra casa? Reginaldario, come vi ho detto, era un po’ strano. Stampatosi nella memoria, per quanto eragli conceduto dal velo, dall’oscurità del luogo, e più di tutto dall’ingenua modestia dell’incognita, le tracce di una cara fisonomia, i contorni d’una bella persona, non ne voleva di più. Figuratevi un orientale che s’inebbria d’oppio per godere dormendo la voluttà di fantastici sogni. Tremava Reginaldario sconciare le sue dolci immaginazioni sforzandole ad entrare nel cerchio della realtà. Voleva vedere la bella incognita sempre traverso quella tenebra sacra che la ravvolse la prima volta; perchè dovete sapere che Reginaldario aveva un tempo ancor egli esperimentato il disgustoso sentimento di certi terribili disinganni. Chi si adira colla Psiche di Canova? A chi vengono meno i sonni per averla veduta? E la veggono tanti! Quando anche, diceva fra sè Reginaldario, non ci avesse altro in questa città, pittore o scultore che io fossi, ne ho materia bastante a mirabili concepimenti. A me a darle pensiero e parola conveniente ai bisogni della mia anima; come all’udire gli accordi di un’arpa, ridurrò quelle note indeterminate a significare ciò che farà meglio al mio cuore. E durò nel suo primo proponimento di più non vederla. Passava davanti la chiesa, ma non ci entrava: