Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
266 |
tra, dell’infula, del sacro piviale, su cui riverberavansi i lumi dell’altare, a far la persona di Policarpo oltre ogni dire splendente e poco meno che celeste. E intanto i turiboli diguazzati dai chierici profumavano l’aria di dolcissimi olezzi, e l’organo diffondeva per tutta la chiesa i suoi gravi accordi, accompagnandosi alla voce dei sacerdoti che intuonavano le loro salmodie. La parola del rancore come poteva essere proferita in quel mezzo? Leonardo aveva gli occhi confitti sul suo libro delle preci, nè avrebbe osato di voltar carta, anzi neppur di passare da riga a riga, così era legato in ogni suo senso, e posso dire impietrito. Ma quando il prelato benedicendo la nuova unione invocò su di essa la grazia del Cielo, quando i favori onde doveva essere prosperato quel nodo, che si stringeva con auspicii tanto solenni, venivano annunziati con parole tanto sante, e di tanto soave efficacia, quanta se ne ha dal rituale, una lagrima scappava inavvertita dagli occhi di Leonardo, e cadde sul libro che avea tra le mani. Il batter di quella lagrima sulla riga che non leggeva, ma nella quale affissava da più minuti, lo scosse, gli fe alzare la testa, e che vide? Vide due giovani inginocchiati sotto la mano del prelato che gli benediva.
Voi ne avete, credo, o lettori quel tanto che basta. Non mancherà chi mi dica che questa novella, oltre agli altri difetti, ha quello ancora di aggirarsi intorno persone, che, tolta l’animo-