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ti quei giorni che precedettero la festa era stata veduta pregare ferventemente, ma prendersi anche le ricreazioni solite all’altre giovani del monastero. Volete propriamente sapere come stesse Felicita nel suo interno? La mattina del giorno solenne si destò assai per tempo, e gli occhi suoi appena aperti si scontravano nell’incerto crepuscolo che leggermente tingeva i vetri della finestra della sua cella. Devo dichiarare per amore di verità, che accumulando la giovane nella propria mente tutte le circostanze del grande atto che si apparecchiava per quel giorno, e colorandole colla vivacità di una fantasia tutta forza e calore, rimase colta da una specie di brivido e di sbigottimento non facile ad essere descritto. Aveva ella posto tutto il suo cuore e la fede nel savio e buon prelato; ma se ne rimanesse ingannata? E subito dopo rimproverava a sè medesima quel timore. In questo le parve di dover sorgere, e mostrossi sollecita più dell’usato. Messe che si ebbe dattorno le vesti, quali le venivano dal convento assegnate, la prima in cui s’imbattè nell’uscire della sua cella fu Chiara, che aveva tra l’altre monache prediletta nel tempo del noviziato. Chiara le diede un saluto di molta affezione, e: Bel giorno, le disse, per voi, mia sorella, e per noi tutte, sapete, e per me in particolare. — Che sia bello anche per me voglio sperarlo, rispose Felicita, e quanto a voi, buone sorelle, tutti i giorni della vita vostra son belli. La risposta non era assolutamente delle solite a