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prebbero torcersi da esso senza rimanere spezzate, e per conseguenza l’ostinazione di lui, che che potesse sembrare, non era invincibile. Ei conveniva trovar modo a domarla, dacchè il modo ci doveva pur essere. In Leonardo aveva il prelato un animo non maneggiabile punto dalle ragioni, alle quali, anzichè arrendersi, amava far testa e contraddire con quelle, che gli sembravano ragioni non meno forti, del suo cervello. Ma nella composizione di quell’animo, mi sia comportata la singolarità della frase, c’entrava molto ingrediente di stravaganza, e un cotale amore del bizzarro e del nuovo aveva in esso un grande dominio. Vi deve tutto questo bastare a far giudizio della proprietà del mezzo scelto dal prelato per condurre a buon termine la sua impresa: mezzo insolito, per dir vero, ma d’insolitezza che assai bene aggiustavasi al carattere di Leonardo. Fosse il solo possibile ad ottenere l’intento, non è questo ch’io voglio dire; voglio e posso dire bensì che il mezzo adoperato da Policarpo, anche tolto l’effetto, che tiene pur troppo assai volte luogo di ragione per certe menti, era scelto con abbastanza di senno e di rettitudine, perchè se gliene dovesse dar lode.

Il giorno frattanto della professione non era lontano, anzi possiamo dire ch’egli era arrivato, dacchè le campane del monastero suonando a festa annunziavano, che indi a poche ore Felicita avrebbe pronunziato i suoi voti. Stupenda era veramente la tranquillità della giovane. Per tut-