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discorso di Policarpo suscitarle nell’anima mille pensieri, mille curiosità; ma inesperta com’ella era del mondo, disperata d’ogni umano conforto, si era abbandonata ad una confidenza piena e sicura nel Cielo. Sentiva che le doveva accadere alcun che di bene; fosse vita, fosse morte, non avrebbe saputo ben dirlo, ma doveva essere bene. E aspettava con impazienza il giorno della sua professione per lo innanzi tanto temuto. Credereste? Il pensiero del suo sposo le veniva assai raro nell’animo; o temesse di ritardare i disegni della Provvidenza frapponendovi i proprii, o volesse ricevere quel dono sì caro tutto affatto dal Cielo, senza avervi neppure pensato.

Sarebbe qui luogo a raccontare le informazioni prese, e le pratiche tenute da Policarpo affine di ridurre l’animo ostinato di Leonardo nelle intenzioni della figliuola. Pratiche inutili. Potette bensì conoscere apertamente che il maritaggio da Felicita desiderato non era punto disforme a quanto voleva ragione e convenienza. E quando dico convenienza intendo la somma di quelle leggi, per verità arbitrarie nella più parte, che il bel mondo innesta sulle leggi immutabili e certe della universale giustizia; e queste leggi secondarie, e direm meglio apposte sul corpo delle primitive, s’inviscerano in esso per modo da non poterne essere senza grave iattura smembrate. Ora, come diceva, anche le convenienze sociali cospiravano a rendere desiderabile quel matrimonio. La famiglia di Saverio, che è,