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vedeva procedere da obbedienza anzichè da elezione. Vi ho già detto che la si aveva in concetto di santa; non voglio ripetere le stesse cose.

Al prelato sembrò di poter conchiudere che il cuore della giovane se ne stesse tuttavia al secolo, e voi tutti sapete, lettori miei cari, se al prelato falliva l’ingegno a conchiudere la verità. La Felicita dal canto suo trovò nel riposato discorrere di Policarpo sufficiente ragione a non credersi affatto perduta, e quando avesse potuto un’altra volta parlargli sentivasi atta a tentare una piena manifestazione de’ suoi pensieri. Ma il tempo stringeva, e il prelato, che si sapesse, non aveva a fare altre visite al monastero. Con quanta ansietà non accompagnò ella la veste pavonaccia strisciante sul pavimento quando Policarpo se ne andava via! Credo anche che le uscisse dal petto una cotal voce inarticolata, che tutte comprendeva le angosce della sua anima, senza dichiararne nessuna; potrei anzi dire che questo fosse avvenuto assolutamente, dacchè il prelato, giunto alla soglia, si volse a guardare donde venisse quel suono come di gemito; ma nessuna parlando, e Felicita meno d’ogni altra, alzò la mano a benedire e partì. Tornò Felicita alla sua cella, e si diede a piangere dirottissimamente; era da più mesi che non piangeva.

In quell’anima ingenua ed appassionata che aveva soffocate le sue pene sotto i rigori della mortificazione (soffocate, ma non estinte come cre-