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la grazia della vocazione, la quale viene concessa, ma non può essere guadagnata. Si assoggettava ad ogni guisa di mortificazione, ma inutilmente. Un solo pensiero veniva a confondersi in tutte le sue meditazioni, tutte le sue preghiere riuscivano in una sola parola. Parola terribile e cara! La vedeva su tutti i muri del convento, su tutti i fiori dell’orto; la leggeva su tutte le pagine del breviario; sempre quella parola! Suonasse l’avemmaria della mattina, o quella della sera, il rimbombo della campana non portava al suo cuore che quella parola. Avrebbe voluto chiuder l’orecchio agli accordi dell’organo per non sentirla eccheggiare potentemente per tutta l’anima. Voi già indovinate qual fosse questa parola. E intanto le si era allungato il volto miseramente, e tolti alcuni momenti di una improvvisa e passaggera accensione, il colore abituale della sua faccia era la pallidezza, la pallidezza di chi è malato; quando innanzi che avesse fatto sua stanza quel chiostro erano poche fanciulle che potessero mostrare una tinta di sanità più gioconda della Felicita. Gli occhi rientrati scintillavano ancora di tutta la loro vivezza; anzi, a giudicare della sola vivezza, erano più scintillanti che per lo innanzi, ma immobili lungamente, e giravano molto lenti. E ad ogni lieve rumore balzava come tramortita, e guardava attonita e sospettosa. Alle domande che se le facevano rispondeva interrottamente e con voce ineguale. Non piangeva, per verità, o almeno non era ve-