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chiesa, che vuoi tu che io mi faccia delle tue fredde etimologie, e delle tue vane allusioni? In azimis sinceritatis et veritatis furono composte quelle sante elegie: in azimis sinceritatis et veritatis vanno lette ed interpretate.

Diranno adesso moltissimi: E perchè conservare que’ nomi quelle allusioni, quelle immagini a noi sì lontane, e poco meno che sconosciute? S’io risponderò che collegandosi i fatti del Nuovo Testamento con quelli dell’Antico, anzi dandosi entrambi mano e rischiarandosi a vicenda, occorreva questa corrispondenza di nomi, d’immagini, d’allusioni; se dirò che non può essere straniero per noi quello che era proprio dei nostri padri; che secondo ancora le regole umane, molta parte di nobiltà si ripone nella vetustezza; che fortissimo argomento per Tertulliano a dimostrare la verità delle dottrine ch’ei predicava si era il poter dirle uscite e procedenti dal portico di Salomone; sarà questa una buona risposta per quelli che fanno qualche stima della religione cui professano, ed hanno spesa qualche porzione dei loro studii in così alto argomento. Ma io non intendo di giovarmi della religione per dar peso a questa poesia. E siccome mi sono proposto fin dalle prime di dimostrare, lasciato da parte ogni pensiere di religione, di quanta istruzione e sollievo allo spirito possano essere questi salmi, così immaginerò tali obbiezioni, quali certo non si farebbero da veruno che nato fosse in cristianità. — Che abbiamo noi