Pagina:Prose e poesie (Carrer).djvu/239


231

tate le più belle regole di morale e di religione fu primo ad infrangerle; ed il sacro colle di Sion sostenne gli altari dell’idolatria, e fece eco alle petulanti canzoni delle adultere madianite. L’eredità di Giacobbe è divisa, e la porpora fatta in brani; Giuda e Israello non sono più la medesima cosa; e non paga Samaria d’aver contraddetta a Gerusalemme la legittimità de’ suoi riti e de’ suoi monarchi, sorgerà a contrastarle dopo la prigionia babilonese l’autenticità de’ suoi codici, e la ingenuità delle lezioni negli scritti de’ suoi profeti. La schiavitù, annunziata con tante lacrime dai pii Veggenti, sommerge, per usare la formula scritturale, la nazione tutta nel lago delle miserie; ma il fuoco sacro cova sotto le ceneri e il loto d’una obbliata cisterna, e sorgeranno Zorobabello e Neemia a ridestarlo. Per essi i vecchi non si lagneranno d’esser vissuti assai lungamente, e le promesse dei profeti non saranno stimate menzogne. Restituita ai pontefici l’autorità, oltre che nelle cose di religione in quelle ancora della politica, precipita la storia agli anni illustrati dalle splendide imprese dei Maccabei, suprema gloria del popolo. Indi a non molto le ombre si fanno realtà, rinnovasi in più chiare parole il patto fermato con Abramo, e l’ignoranza delle nazioni in fatto di religione non ha più scusa. Spunta dalla spregiata Betelemme la stella ad illuminare il mondo, e un tremuoto presso che universale scrolla dai loro seggi le mille divinità del paganesimo.