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non sarebbesi, forse, a prima vista presunta. Ma che vo io ritraendolo a Voi, fra cui sedette, e con cui favellò tante volte? Oh come facilmente, compresi dalla venerazione e dall’amore di un uomo illustre, stimiamo, parlando di lui, essere ascoltati da posteri e da lontani, anzichè da contemporanei e concittadini!

A quanto ho detto finora non mi resta più adunque che soggiugnere, io che del mio particolare dolore non volli, nè voglio discorrervi. E per altra parte, di quanto mal grado mi sciolgo dal ragionare del Pezzoli! Che se le mie lodi non scorsero oltre il termine di giustizia, se forse non lo toccarono; se ho saputo nella critica tenermi immune dalle prevenzioni del cuore, facendomi reo dei soli errori dell’ingegno; ne abbia ogni merito e colpa la speranza, che non mi abbandona, di vedere accresciuta, dalla pubblicazione di quelle cose che il Pezzoli compose migliori, la riverenza al suo nome, che le mie parole, come d’amico, e per poco non direi intrinsecato nella sua fama, avrebbero potuto piuttosto scemargli che fargli ottenere.