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e dove sovrasta al Nannini, o Remigio Fiorentino se meglio piace, nella concisione e nella fedeltà, gli rimane secondo nella scorrevolezza, e in quella abbondanza di stile che fu pure il grande pregio del Sulmonese, e meritarono al Fiorentino l’onore di molte ristampe, e l’inserimento nelle due raccolte del Parnaso de’ traduttori in Venezia e del Supplimento a’ classici moderni di Pisa. Anche in questo caso la scelta del metro non avrà lodatori, e nelle traduzioni delle Eroidi, meglio degli sciolti, che prima il Nannini indi il Pezzoli credettero opportuno impiegare, saranno adoperate le terzine, non sciolte come nella sua compiuta versione il Pompei, ma quali le usarono il Pindemonte ed il Nicolini, quello nella eroide di Penelope a Ulisse, questi nell’inarrivabile, e senza dubbio primissima all’altre tutte, di Saffo a Faone.

La traduzione di Curzio non mai terminò, e nemmanco quella delle orazioni di Cicerone, che non oltre produsse delle Catilinarie, nelle quali traduzioni, e in quest’ultima specialmente, molto del vigore mostrava, e della perizia in maneggiare la lingua, ch’esser dovevano familiari allo scrittore dei sermoni. Ai quali tornando, poich’erano pur questi a cui sempre riconducevasi il Pezzoli, con intendimento migliore e più nuovo quanto all’universalità del concetto, ma non so se con pari felicità quanto al particolare dell’esecuzione, altri ne dettò: uno a me diretto sopra la vanità degli studii, e alla stravaganza dei