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non era certamente l’Abramo, e veniva da luoghi in cui respiravasi ben altro che l’innocenza e la semplicità delle valli di Mambre: ma nè manco è tollerabile la troppo condiscendente bontà, onde il sermonatore veneziano, tolti i passeggi notturni lungo il listone, le villeggiature del Brenta, e qualche crocchio di falsi letteratelli, altri campi non sa trovare e altre persone, fra cui penetrare guidato dalla invisibil Camena, a menarvi rigidamente la sferza,


Che impiaga e fa morir, più che non punge.


Buon garbo oraziano, mi si va susurrando; pusillanimità, invece, io ripeto, imparata ai servigi delle dame onnipotenti, o nelle segreterie de’ magnati e de’ così detti Riformatori.

X. SERMONI.


Le satire del Pezzoli procedono per sentiero più vasto, e contendono a meta assai più elevata. Non intendo parlare di alcuni sermoncelli da lui stampati nel Mercurio, e nella Raccolta d’opuscoli pinelliana, e che possono chiamarsi non più che bozze di quelli che posteriormente compose. In que’ primi la imitazione del Gozzi è troppa, e i soggetti intorno a’ quali si aggirano, non altro che i soliti lagni sugli abusi introdotti dai moderni nello studiare e nel comporre. Parlo di quelle satire che, seconde di tempo, sono prime