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cezza di tutte l’altre affettate virtù. Quando ascolti certe miracolose promesse, sta certo ch’egli è un labbro di Narciso che le pronunzia; certi cuori che sdilinquiscono al solo proferire di un nome, al solo ricordare di un sito, sono cuori di Narciso, te ne fo fede. In generale, ove c’entra esagerazione non c’è virtù, perchè questa cammina riposata e sovra i suoi piedi, laddove a chi vuol vestirne la maschera è bisogno trasmodarsi negli atti, e andarne sui trampoli. Se mai t’imbatti in Crescenzio, Crescenzio dico (quel tale che narra la fama aver le mani forate da lasciar piovere l’elemosina anche su chi non la chiede, e la lingua, che gli si apprende al palato, rasciutta nel dar consigli e nell’accomodare litigii); avvia un poco il discorso con esso; provati se ti basta l’ingegno a trovare argomento che non sia il suo. Sarà prodigio ch’egli ti ascolti fino al termine della tua narrazione; o quando credi ch’egli ti ascolti, il cervello gli va a spasso a pensare se nulla di simile gli sia succeduto. Se poi all’amore di sè medesimo aggiunga un poca d’inclinazione per la bugia, mentre parli si studierà di congegnare per modo quel fatto da poter raccontarlo, quando che sia, in persona propria di attore, o per lo meno di testimonio. Sono sicuro che questo dialogo ti riuscirà assai noioso, appena avrai spremuto da esso quel poco di gusto che deriva dall’osservare come le passioni degli uomini si rivelano da sè stesse anche sotto la finta veste che le ricopre. Qui l’amico ter-