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e fu tra esso e il Benzone affettuosa e inalterata stima tutta la vita.

Andava intanto a tumulto l’Europa soqquadrata dal fatale guerriero, uso a spronare il cavallo a disperata carriera, ove altri, anche dei più coraggiosi e più fortunati, avevano dovuto passare a rilento. Ma da questi nuovi e mirabili rivolgimenti di fortuna, de’ quali facevasi udire il rimbombo per ogni parte, oltre quel senso di maraviglia cui torna impossibile il non provare, chi abbia anima e fantasia, per nulla sembra rimanesse commosso il Pezzoli, o almeno nessuno pubblico indizio ne diede, e le opere sue di quel tempo altro non sono fuorchè brevi e fuggevoli componimenti sopra soggetti affatto volgari. Bensì la sceltezza dello stile e la bella e ragionevole maniera d’immaginare il facevano riverito nella nostra città; di che ottenne non dubbia dimostrazione, quando, ricreata nel 1807, o in quel torno, con nuova eletta di socii, l’accademia letteraria, che a principio tenevasi in santa Apollonia nelle stanze del primiceriato, di questo nuovo congregamento eletto fu presidente. Lesse egli quivi un discorso di que’ così detti d’apertura, la prima prosa di qualche conto che componesse, per quello ch’io sappia; e continuò poscia nel promovere con altre letture l’avanzamento di quell’instituzione. Fu tra queste un elogio del Petrarca, che vide anche in appresso la luce, e nel quale, se le osservazioni non giungono a quell’ampiezza e profondità che