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vano la malinconica espressione onde altri ricorda un caro pensiero di giovinezza. Udendomi favellare di epopee: Ed io pure, soggiugneva, io pure, mi ricordo, così m’infiammava pensando all’America. E quindi sconfortavami dal tentare poemi, e mi ravviava con amichevoli esortazioni al sentiero intralasciato della tragedia. Sbigottiva egli di fronte al colossale edifizio di un’epopea? O, come di cosa cui difficile, anzi impossibile reputiamo dimenticare, perchè troppo amata, ov’altri ritenti la nostra piaga, desiderava che non gliene fosse tenuto discorso? Sorriderà forse taluno all’udire parlare di un concepimento poetico lasciato ire a voto come di una qualche asprissima traversia della vita; ma quelli che vivono in un mondo di fantasmi, e a cui le proprie immaginazioni rendono sembianza di prette realtà, nè più nè meno si dolgono e si consolano di così fatti disastri, di quello altri farebbe per una lite perduta, per una pratica mal riuscita, per un titolo non ottenuto. Tutti sanno che quando la casa del greco artista fu detto andarne per fiamma, il grido del dabben’uomo si era: Il mio amore! Di che l’astuta cortigiana comprese a qual miglior prezzo potere indi vendere le sue carezze. Non credo che quel primo pensiero del Colombo si togliesse mai da Torquato, anche dopo fattosi cantore dell’Armi pietose; e me ne fanno fede quelle ottave, certo fra le più splendide ed appassionate della Gerusalemme, in cui, apostrofando l’ardi-