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rito che da qualche anni gli avevano reso più necessario l’altrui favore, non che ritorlo alle prime abitudini del paziente obbedire, sempre più ve lo incatenavano. A ciò che io dico non fanno contro i pochi versi di que’ così detti patriottici, consacrati a cantare una patria di pochi mesi, e che sono de’ primi, se propriamente non furono i primi, che pubblicasse il Pezzoli.

Composti furono a quella guisa che ad ogni singolare avvenimento del suo paese dedicò le sue rime, come, a stagione più tarda, nel 1814, le canzoni per la liberazione del blocco, e i sonetti sopra il temuto cholera nel 1832. Stampati vennero i versi suddetti da quell’amico della sua giovinezza, il dottore Giuseppe Scoffo, che, più ardente del Pezzoli nelle proprie opinioni, più di lui ricco di varia dottrina, gli cedeva di gran mano nella pratica degli studii e nella correzione del gusto. In questo libretto (Amori democratici dei cittadini Giuseppe Scoffo e Luigi Pezzoli, al cittadino Giannandrea Spada. Venezia, Santini. Messidoro, 1797) è notabile il modo tenuto dai due giovani poeti di comporre in comune, per modo che, tolte due odi saffiche che recano ciascuna il nome del proprio autore, non puoi attribuire piuttosto ad uno che ad altro di loro veruno dei componimenti. È inoltre considerabile in queste poesie la moderazione de’ sentimenti, insolita veramente a quella stagione d’inconsiderate speranze. Anzichè far voti di sangue all’albero cresciuto fra i nembi, si contentavano