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stolti, che vi rubano i tristi, che la più parte v’indugia, per non so quale misera e maligna timidità degli umani giudizii, quel premio dovete trovarlo nel vostro cuore. La voce che susurrava all’animo giovinetto: Anche tu sei pittore, quella voce medesima, ove assiduo sia il vostro studio, pertinace la vostra virtù, non potrà forza umana far sì che non dicavi a stagione più tarda: La fama che il mondo ti nega, tu l’hai meritata. Sul letto dell’estrema agonia ascoltò questa voce il grand’epico nostro1, martire dell’amore e del proprio ingegno; e sclamava morendo: Il mio secolo ha pur voluto aver la vittoria di condurmi mendico al sepolcro, il mio secolo che, voglia o non voglia, avrà nome da me. Più misere, più solenni parole non furono dette: più sublime ricordo non spero potervi lasciare.

  1. Tasso, Lettera al Costantini. Opere, vol. XVI, pag. 68, Pisa, Capurro, 1826.