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di que’ prodi, non più innestate al lacero corpo. E vedi quelle anime stesse ascender leggiere di grado in grado pel monte ai cerchi della beatitudine che le aspetta. E questi cerchi medesimi distinti nella settemplice loro apparenza, secondo il concetto de’ filosofi e de’ poeti del tempo, si mostrano anch’essi nel fondo del quadro. Siccome però siffatta beatitudine è alquanto smorta e lontana a paragone di quella che conchiude la storia della santa Orsola, così a quella senza più passeremo. L’invitta coorte delle vergini è inginocchiata, aperta in due schiere, davanti un fascio di palme che sorge nel mezzo, come quivi ciascuna eroina avesse posto la sua, e d’in su questo fascio si eleva una splendente figura di donna, corteggiata dagli angioli, coll’eterno Padre che a braccia allargate si fa incontro dall’alto a quella gloria, presso a poco, quanto all’atteggiamento, come in quest’unica Assunta. Vorremo ch’ella sia nostra Donna o santa Orsola? I pareri sono divisi. Ma se la santa, perchè dinanzi a lei genuflesse le compagne del suo martirio? Perchè le vesti che solitamente si danno alla gran Vergine? E gli angioli che le fanno melode, e l’eterno Padre che la raccoglie nell’ineffabile amplesso? E creduta che sia la Regina de’ martiri, ove cercare la santa, fra quella innumerabilità di teste femminili addossate e per lungo ordine degradanti? O diremo esser Orsola quell’amabile faccetta di donna, che, mollemente ripiegata nel collo, sembra ancora riguardare alla