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dolce necessità che rende comuni molti dolori e molte allegrezze, poco guadagno ci ha fatto la nostra specie; e quand’anche una infelice esperienza sospinga alla solitudine e al disgregamento i più eletti membri dell’umana famiglia, ciò deve considerarsi come grandissima fra le sventure che contristino il mondo, e indizio sicuro di una micidiale influenza, che via via serpeggiando e sempre nuove vittime divorando, rende funeste le comunioni e presso che necessaria la diffidenza. Vorremo noi dar così presto vinta la lite alla filosofia che ne accomuna alle belve? Vorremo protestare coi fatti che aveva ragione chi provò l’uomo esser nato ad un perenne dissidio, chi gli assegnò per unica norma dell’operare la forza, per naturale abitazione le spelonche ed i boschi? Ah! la virtù si rimanga dall’essere misantropa, e il secolo rimarrà dall’essere suicida; si mostri quella più fratellevole, e godrà questo della sua vita. Cangiati col cangiare dei tempi e della pubblica opinione i nomi e le intenzioni de’ congregamenti, i congregamenti non manchino, perchè l’uomo è da sè solo abbastanza forte per mantenersi malvagio, forse non abbastanza per diventar virtuoso. E però non so quale vivissima commozione mi prende nel considerare questi dipinti, in cui trovo quasi un’espressione di quella vita sì attiva, sì universale, nella quale mentre l’individuo cospira al bene di tutti, tutti cospirano al bene dell’individuo. Ritratto vi dissi in questi quadri poco meno che il mondo, nè


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