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tenterò ricordare que’ mirabili scudi di cui leggiamo in Omero e in Virgilio, per tacere di quello, non so se più antico, ma certo men noto di Esiodo, ne’ quali tanti avvenimenti diversi si veggono espressi. Di che addurrò per ragione, che la scienza degli universali o l’astrarre, ricerca un lungo e ripetuto esercizio delle intellettuali facoltà, che cominciano sempre dall’apprendere i particolari come primi obbietti intorno ai quali operare. E quindi anch’esse le arti, che tengono impreteribilmente la via segnata dalla natura, non possono ascendere ad universalizzare le concezioni, ch’è quanto dire a dar loro unità, se prima non siano passate per la trafila de’ particolari. Altra pertanto è la fantasia de’ primi pittori, altra quella di chi venne dopo. Spaziano i primi per campo più vasto, i secondi contentansi di sfiorare le sommità. Poco è nei primi di sottinteso, ai secondi parrà migliore il partito che con mezzi più scarsi ti dà più copioso risultamento. Entriamo oggimai negli esempi. Affissiamoci nei dipinti del Carpaccio a ritrovarvi la semplicità, e diciam pure, innocenza delle antiche concezioni; quella dovizia di fantasia che tutto allarga e moltiplica. Vediamo quella immaginazione che non s’impaurisce del produrre aspetti chimerici di animali, di piante, di edifizii d’ogni maniera, e con questi bizzarri accozzamenti produce bene spesso tali effetti, quali da più assennata scelta e disposizione di mezzi non sono alcuna volta raggiunti. Mirabile e ar-