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gare sur un muricciuolo. Non vi attentaste mai di parlare a Filiberto degli effetti cagionati dall’arti nell’anime privilegiate ad esperimentarne la virtù; non vi pensaste toccare col discorso nessuna di quelle dolci illusioni che confortano la vita angustiata da tante realtà dolorose: Filiberto, o meglio Perseo, vi mette subito davanti i suoi maladetti sarcasmi, e addio musica e poesia, addio larve di speranze e d’amore; sognavate un mazzetto di fiori, e vi trovate fra mano non più che degli stecchi. Questa loro infelice maniera di giudicare la estendono con incredibile pertinacia a tutti quanti sono i lavori dell’ingegno: per essi la prima cosa in un quadro è il costume, in una tragedia le ventiquattro ore. Di questa specie era quel causidico, di non so che paese, cui leggendo taluno il verso ove dicesi di Faone:

La sicula innalzò vela spergiura

le vele, gravemente soggiunse, non possono spergiurare, non essendo loro concesso di fare testimonianza. Potrei, caro Gervasio, farvi toccare con mano che il numero di questi Persei è strabocchevole; dacchè altri ve ne sono a parole ed altri a fatti, ossia di quelli che vivono del censurare e ridurre al nulla ogni detto d’altri, e di quelli che, non paghi del censurare ciò che loro si riferisce, vanno essi medesimi in traccia dei fatti altrui per isconciarli quel peggio che