nello scudo, e intorno alla quale corrono i serpenti a tenerle luogo di capelli (e li aveva bellissimi la povera fanciulla), e più ch’altro la metamorfosi che ne accadde di trovarsi mutato in pietra qualunque levi gli occhi a guardare. Ora di questi Persei, che al loro primo apparire ti fanno di pietra, non ne trovate voi in questo mondo ad ogni due passi? Quel Filiberto, che conosciamo tutti due tanto bene, non è egli appunto il Perseo della favola in anima e in corpo? I suoi discorsi, i suoi gesti, il suo solo apparire ove sia gente d’altra razza che non è la sua, sono altra cosa che il gorgone summentovato, da sassificare qualunque ha la sciagura d’imbattersi in lui? Può ben essere il più fino e leggiadro discorso di questo mondo, egli è certo che con quei suoi secchi commenti te lo cangia in una incomoda scipitezza: sicchè può dirsi di lui che faccia vile e spregiato macigno di ogni gioia più cara e lucente. Simile alla morte, riducendo ogni cosa a’ suoi elementari principii, ti spolpa, snerva, dissangua ogni corpo più bello e perfetto, per la misera compiacenza di mostrartelo nudo scheletro e sclamare: ecce quem colebatis! Or vedete, balordi, a che badavate. Se vi toccherà di porvi ad un passeggio con esso in una bella notte d’estate, gli basterà l’animo di cangiarvi colle sue parole il gorgoglio del ruscello in un incomodo stridore di sega, e il riflesso della luna frammezzo una siepe di gelsomini in uno straccio di lavandaia posto ad asciu-