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non traspirasse un qualche indizio di natura inferiore all’umana. Che importa che ciò che in essi ci ha di bestiale sia cavallino o altrimenti? Sarà questione di nomi. Chi non sarà assolutamente centauro, potrà esser chiamato con molta proprietà ippogrifo. Non ci trovi le penne atte al volo? Bada, e ti accorgerai delle squamme, e potrai chiamarlo sirena. Quante volte, udendo taluno, che fino a quell’ora aveva parlato a dovere, uscire in qualche strafalcione madornale, dico fra me: siamo agli orecchi! Una donna che in molti altri punti è lodevole, quando ci troviamo a quella del piaggiare per cattivarsi proseliti, dimentica la consueta ragionevolezza, ed io non posso a meno di ripetere nel mio interno: ecco la coda! Credi pure, amico mio, molte cose sono quelle che si fanno dagli uomini quando col grifo, quando colla zampa. Tiburzio, a cagion d’esempio, arriverebbe egli a metter mano su certe cose, che gli sono discoste oltremodo, se non allungasse quella sua proboscide da elefante? E credi tu che Sinesio, senza quelle sue larghe ali di nottola, potrebbe coprire tante magagne? Avresti mille volte potuto rinfacciare a Domizia le sue sfrontate bugie, se non era quel suo sguizzare d’anguilla, per cui quando credi averla più validamente afferrata, ti trovi, che è che non è, a mani vôte. Io, che ti parlo, ho dovuto più volte abbassare gli occhi confusi sopra me stesso, dopo aver detto o fatto alcuna cosa poco degna dell’uomo, e