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blema dell’arti che sopravvivono ai popoli vinti, e arrivano, coll’andar del tempo, a trionfare dei vincitori.

Di queste peregrine notizie, qui m’interruppe l’amico, se ne hanno a ribocco nei dizionarii. Quanto a me, vedi, che da più anni non m’impaccio gran fatto coi libri, sono d’avviso che i Centauri continuino ad essere un’allegoria molto appropriata ai costumi di molti uomini del nostro secolo, quantunque il maneggiar cavalli sia oggi esercizio comune a un’infinità di persone. Perchè tu mi hai narrato la tua delle tribù nomadi calate nella Tessaglia, e di Chirone, il più galantuomo degli antichi Centauri, ascolta adesso la mia dei Centauri d’ogni stagione, e di ogni contrada. Sappi adunque che, dal più al meno, un poco di quell’ambigua natura l’abbiamo tutti: e non c’è uomo, in cui in questa o in quell’ora, posta tale o tal altra circostanza, tu non abbia ad accorgerti di qualche strana contraddizione, per cui ti ricorre al pensiero che siavi in esso più d’una natura. Mi ricordo aver letto da ragazzo di Diogene che andava col lanternino, quantunque fosse di mezzogiorno, a trovare l’uomo, e che non gli veniva mai fatto d’imbattersi in chi meritasse compiutamente un tal nome. Ora fa tuo conto, che, a voler attentamente considerare gli uomini tutti da me conosciuti, mi troverei presso a poco nell’imbarazzo di Diogene, caso che dovessi indicare quale fosse quello da cui, poco o molto,