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la parete? E non pensi piuttosto che in quelle ambigue figure ci si nasconda una qualche utile allegoria? — Certamente che così deve essere; ma quanto è facile il persuadersi di ciò, tanto è malagevole a definire quale fosse il vero senso allegorico de’ Centauri.

In questo mezzo io mi era tolto dal mirare la parete, e preso sotto il braccio l’amico, mi condussi seco sulla via, e quivi, allettato dal bel giorno ch’egli era e dalla tiepidezza dell’aria, continuava passeggiando. E avvicendando il discorrere al camminare, ecco quello che io andava discorrendo, quasi per stuzzicare il compagno che ben conoscevo essere uomo da uscire, qualunque si fosse l’argomento, in qualche idea singolare. La opinione più ragionevole circa i Centauri sembra quella che li vuole una tribù nomade assai destra nel maneggiare cavalli, e venuta a piantarsi nella Tessaglia, paese abbondante di grassi pascoli. Gl’indigeni non potevano vedergli di assai buon occhio, tanto più che, come pare, toccava loro patire dai nuovi ospiti frequenti insulti negli averi e nelle donne. Ippodamia, Deianira e Atalanta fanno fede della procacità dei Centauri. Teseo, Piritoo ed Ercole ebbero un bel fare a sterminargli. Il solo Chirone è durato nella venerazione dei posteri, e forse era quello tra i Centauri che avesse più miti costumi, e fosse ornato di qualche sapienza, per cui, affratellatosi cogli indigeni, sfuggì allo sterminio de’ suoi compagni, e rimase novello em-