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che costano le nobili azioni, non li ha ponderati il Salmoneo di cui vi parlo, quindi il fulmine da esso lanciato è fulmine da teatro, che cava al più al più qualche dozzina di battimani.

Volendo allargare i confini a questa mia chiacchiera, potrei distenderla a tutte le condizioni della vita. Tutti, dal più al meno, siamo Salmonei; tutti ci mettiamo a fabbricare saette per farci porgere incensi da’ nostri inferiori. Questa è una colpa da cui è assai malagevole il tenersi netti. Usiamo dunque tutti di vicendevole moderazione ne’ nostri giudizii: pensiamo che parte de’ nostri falliti divisamenti procede da povertà d’intelletto, povertà inevitabile alla nostra natura. Sotto certi rispetti, tanto è sapere che cosa sia un lavoro d’arte eccellente quanto essere artista eccellente; che cosa si richieda a prosperare un traffico, quanto avere domestica la fortuna; che cosa sia intrinsecamente la virtù, quanto essere virtuoso; e così del resto.


XVIII. I CENTAURI.

Arrestandomi, mesi sono, a guardare un affresco rappresentante la guerra dei Centauri, mi venne presso un amico e mi disse: che stai guardando così attentamente? Non vedi, gli risposi, quella battaglia d’uomini straordinarii di cui s’è perduta la razza? Perduta? soggiunse l’amico. E riprese: Stimi forse che tali fossero gli uomini in verun tempo, quali gli vedi effigiati su quel-