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membro, e quelle che altro non sono salvo che aborti, si sente profondamente dall’anima, ma non può essere definita, presso a poco come la intrinseca forza delle saette. Compassionisi dunque il povero pazzo, e veggasi che tanto è sapere tutta comprendere la malagevolezza che ci ha a bene comporne una tragedia, quanto avere capacità di comporla.

Ora bada a Salmoneo mercatante. Un poco di vento che piacque spirargli a madonna Fortuna è bastato a gonfiargli il cervello miseramente, per cui cominciò a sognare guadagni e ricchezze fuor di misura. Ho veduto, dic’egli, il tale o tal altro, di sciancato pitocco ch’egli era, tramutarsi in pochi anni in cima di banchiere. Mano all’opera, e si tenti. Il malaccorto mette nei suoi computi il denaro, l’ingegno e l’alacrità del lavoro, e si crede con ciò avere in pronto quanto occorre alla composizione della bramata saetta. Per verità agli occhi suoi non altro apparisce anche nell’impresa degli altri mercadanti cui prende ad emulare. Ma, e la fortuna? È questo il più fino ingrediente, e chi non ne ha in buon dato spera in vano fabbricarsi fulmini veri, atti a distruggere l’opprimente bisogno. Possono mettersi a limbicco le speculazioni che meglio fruttarono a’ loro imprenditori, se ne trarranno gli elementi del denaro, dell’ingegno e dell’alacrità del lavoro, ma la fortuna è cosa impalpabile, senza peso e misura. Che dunque? È da perdonare al povero Salmoneo mercatante