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lordo che a fabbricare le folgori non erano punto bastanti le fucine di questo mondo? Questa è pure imbecillità! Ma pensandoci meglio soggiunsi: il pover’uomo! egli deve avere discorso del seguente tenore: Che cosa sono le folgori? Una maledetta materia che scoppia con alto rimbombo, e con guizzo luminoso, mandando in perdizione qualunque sia cosa che le contrasti il passaggio. Ora, che non posso inventare ancor io qualche altra consimile maledizione? Ed ecco il bravo uomo che si mette senza più al lavoro delle saette.
Gli altri Salmonei fanno tutti presso a poco lo stesso. Ecco Salmoneo poeta. Che cosa è finalmente una tragedia? Un fatto preso dalla storia, e raffazzonato per modo che se ne possono trinciare cinque atti. Anzichè narrare da sè, introdurre le persone stesse ch’ebbero parte alla azione e far che favellino tra loro. Quanto ai versi, sono altro poi che accozzamento di parole, con questo solamente che gli accenti caschino piuttosto quivi che quivi, e che ad ogni undici sillabe sia il termine di una parola? Qua dunque penna e calamaio e scriviamo tragedie. Imbizzarrisce il severo maestro all’udire questo discorso; ma chi domandasse al maestro: che è dunque la Mirra? Si metta il valent’uomo una mano sul petto e risponda. Poco più saprà aggiugnere al discorso di Salmoneo, se non è la confessione che la sterminata differenza che ci passa tra le tragedie bene ordinate in ogni loro