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lettere per semplice ricreazione dello spirito, e credono in esse potere per tal guisa riuscire eccellenti. In quanto alle lettere, esse mi sono benissimo figurate in Cibele madre dei numi, e rispettabile allo stesso Saturno, ch’è il Tempo. Non è Dea che si presenti atteggiata a smorfie e moine, e il suo carro è tirato da’ leoni, indizio della forza e della magnanimità. Scorre da un capo all’altro la terra, e porta la testa coronata di torri, in quanto ha in tutela ogni spezie d’umano consorzio, e le città si reggono col suo consiglio. Ma non si creda ch’ella voglia contentarsi di chi ne viene a lei rifinito tra gli amplessi delle Sangaridi. All’imprudente che la tiene in sì poca stima, fugge il senno e la dignità della propria natura; per cui, fatto arrogante e cianciero al pari di femminetta, si dà a urlare bizzarre canzoni, e a strepitare col timpano tra le mani. E forse che non è tale il castigo dei poveretti di cui parliamo?

Al vederli infocarsi nel volto e mandare poco meno che faville dagli occhi quando pongonsi a quistionare di ciò ch’e’ non conoscono, non potete a meno di credergli pazzi; e quando si mettono a parlare, i loro ragionamenti hanno la sodezza ch’è nei discorsi della femminetta. Orsù, Ati mio bello, fa che ascoltiamo alcun poco di questo tuo canto sì dolce, e del quale ti credi l’eccellenza sia tanta, da poter levarti a giudice de’ più dotti maestri. Ati spicca due salti, e tempesta percosse sulla tesa pelle bovina. Ma tu