Pagina:Prose e poesie (Carrer).djvu/101


93

te le condizioni indistintamente. Dappertutto gole voraci, che non rifinirebbero mai di appetire; dappertutto metamorfosi mostruose per obbedire alle continue ricerche di quell’insaziabile cupidigia. Inchinar oggi, e domani beffeggiare; agnello sull’alba, e lupo al tramonto: mai la propria natura schietta ed aperta. Il pane della verità è molto scarso; ma quello della menzogna non basta a saziare. Chi mangia di questo dopo il pasto ha più fame che pria; laddove l’altro, sebbene al primo assaggio possa sembrare non affatto saporito, quando sia convenientemente digesto, si converte in nutrimento vitale.

Chi ricaccerà tra le scitiche rupi la sozza Erinne stimolatrice? Una volta uscita, non fa più ritorno: quando ha cominciato a latrare non è da credere che più si adagi. Egli è meglio avvertire chi non ha per anco turbato la pace dei boschi di Cerere, affinchè astenga la scure sacrilega dai sacri tronchi. Anche qui l’allegoria continua a mostrarsi appropriata. Egli è da vedere che col recidere quanto hanno di gentile e onorato in sè stessi, non si mettano gli uomini al duro passo di vivere della propria infamia, e della vendita de’ propri figliuoli. Il prezzo di un tale mercato non potrà loro tornare per nulla vantaggioso. Qui farebbe bene ricordare la fine di Erisittone che ficcò il dente nelle proprie carni; ma non vogliamo terminare con una scena di tanto terrore.