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Nostro spirito è scosso da sacro terrore nell’atto di montare su questa cattedra, sulla quale sedeva quel santo Prelato così degno del nome di Massimo, e sedettero sì gran numero di Vescovi chiari per dottrina e santità, i quali insieme col Nostro immediato Predecessore Monsignor Alessandro Riccardi (di sempre cara memoria) la rendettero una delle Sedi episcopali più antiche ed illustri nella Santa Chiesa cattolica. Nell’accostarci a questo trono arcivescovile Ci pare di avere innanzi quel grande Pontefice, così grave di aspetto, e così venerando non solo per la età, ma assai più per i meriti raccolti in tanti anni di glorioso pontificato; e udire dalle sue labbra quelle così semplici, ma così sublimi omelie, lette e meditate con sì grande ammirazione da tutto il Clero cattolico. Sì, Ci pare udirlo, quel Pastore zelantissimo, ogni dì festivo, da questa cattedra ammaestrare la moltitudine dei fedeli, che gli facevano corona; e insieme coi fedeli anche gli idolatri, e gli israeliti, e gli eretici, che tratti da quella celeste eloquenza venivano ad ascoltarlo. E chi siamo Noi, tosto Ci domandiamo, chi siamo Noi da osare prendere il posto di un Vescovo rifulgente di tanta dottrina, acceso di tanta carità, e la cui virtù e il cui zelo dissiparono da Torino ogni ombra di eresia e scisma, e pressochè ogni tenebra di idolatria e superstizione? E se egli con sì larga dovizia di erudizione e virtù; se egli ammirato e riverito da tutta la Chiesa siccome modello dei Vescovi, pure tremava al pensiero della ragione che al Tribunale di Gesù Cristo aveva poi a rendere delle anime a lui commesse, quanto più non dobbiamo Noi tremare, che siamo sì lungi dai suoi pregi e